Chiamata alla solidarietà: difendi Afrin, difendi l’umanità

Chiamata alla solidarietà: difendi Afrin, difendi l’umanità

Una chiamata alla solidarietà: difendi Afrin, difendi l’umanità

*di Dilar Dirik

Mentre scrivo l’esercito turco è impegnato in un’illegale invasione dei confini della regione curda-siriana di Afrin. Dichiarando di combattere i terroristi, lo stato turco -un candidato dell’UE e il secondo esercito più grande della NATO- ha lanciato un’aggressione contro quello stesso popolo che ha ottenuto rispetto in tutto il mondo per aver sconfitto l’ISIS con il suo coraggioso sacrificio e la sua storica resistenza. La campagna militare ora lanciata include l’Esercito Libero Siriano (FSA) pro-Erdogan e si conta di una tratta di 800.000 civili, metà dei quali sono rifugiati che avevano trovato un posto sicuro in Afrin mentre in fuga da Idlib e da Aleppo.

La presa di mira di Afrin comprende ogni lettera dell’ABC dell’imperialismo. L’attacco avrebbe potuto non esser stato lanciato con l’approvazione della Russia, che controlla lo spazio aereo sopra Afrin, così come con il consenso dell’Iran e di Assad. Secondo gli ufficiali di Afrin, la Russia ha proposto di proteggere la regione di Afrin in cambio di controllo sul regime di Assad. Ma non appena la proposta è stata rifiutata, la Russia ha dato via libera all’invasione della Turchia sulla regione.

Gli Stati Uniti, nel frattempo, che hanno secondo la loro convenienza usato i curdi in Siria come “scarponi affidabili sul terreno” negli ultimi anni nella coalizione anti-ISIS stanno silenti rispetto alla decisione del loro alleato NATO di sacrificare gli eroi della guerra contro l’ISIS, avvertendo solamente la Turchia di “evitare vittime civili”. I governi europei, specialmente la Germania, hanno il loro ruolo in questo gioco, dato che la maggior parte delle armi europee e carri armati sono usati dall’esercito turco; le armi nelle mani dei fascisti, che inducono milioni di persone a lasciare le loro case e a rischiare la morte per diventare rifugiati in Europa.

Da sette anni dentro la guerra, la Siria è distrutta. L’ISIS è arrivato, ha ucciso e ha lasciato il terreno; genocidi e massacri sono stati commessi; la demografia e il piano ecologico della regione è cambiata; Assad sembra che sia lì per restare. Le legittime richieste di tutti i siriani che sono scesi nelle strade e rischiato le loro vite per richiamare alla dignità umana, alla libertà, alla giustizia contro il regime di Assad sono stati traditi amaramente. Allo stesso tempo, gli attori delle potenze statali nella regione e fuori di questa sembrano arrivare ad un cerchio chiuso, nel momento in cui più di mezzo milione di persone sono morte e circa 6 milioni sono state dislocate. Attivisti parlano di una Terza Guerra Mondiale che sta prendendo piede in questa regione.

Questo è il contesto in cui la Turchia lancia la sua guerra su Afrin, oltrepassando i confini della storica ostilità che lo stato turco ha nei confronti dei curdi.  La battaglia simbolizza le due opzioni che i popoli e le comunità del Medio Oriente affrontano oggi: tra militarismo, patriarcato, dittatura fascista da un lato, controllata da interessi imperialisti e dal capitale, o la solidarietà tra comunità libere, uguali, autorganizzate e autonome dall’altro lato. La difesa di Afrin è un’opportunità per la sinistra di unirsi contro il fascismo e mobilitarsi contro il militarismo, l’occupazione e la guerra.

 

LA POSTA IN GIOCO

Nel contesto della guerra all’ISIS, gli stessi stati che sono conosciuti per avere nutrito le forze jihadiste dentro la Siria, specialmente Turchia, Arabia Saudita e Qatar, sono diventate parte di una coalizione guidata dagli stessi poteri che hanno invaso il Medio Oriente per i loro interessi imperiali, commettendo crimini di guerra nel nome della “lotta al terrorismo” e hanno così stabilito il terreno su cui l’ISIS sarebbe così potuto fiorire. Le forze che rappresentano i sistemi del capitalismo,  statismo autoritario, fondamentalismo religioso, e in alcuni casi puro fascismo, sono state incaricate di stabilire la democrazia e la pace.

Allo stesso tempo, quando l’ISIS ha catturato l’attenzione della comunità internazionale, la questione iniziale del governo dittatoriale e sanguinario di Assad è stata messo da parte, insieme alle nozioni di una durevole e giusta pace per la Siria. Con l’entrata della Turchia nella scena della guerra siriana e con il ruolo dell’Iran, l’animosità del falso binarismo tra Sunniti-Sciiti – un trucco usato per disabilitare giuste soluzioni in Medio Oriente- è stata rinforzata. Senza riguardo per i conflitti tra gli interessi dei poteri coinvolti, la loro pratica comune è stata la soppressione di ogni dissenso, di resistenze radicali, e di progetti per reali democrazie alternative. Dalla base, questo ha portato al mobilitarsi di fascisti e ideologie settarie per cui le persone coinvolte speravano e desideravano ardentemente di morire e di uccidere.

Automaticamente, ogni tentativo di autodeterminazione popolare e autodifesa contro lo sfruttamento capitalista e coloniale dovrebbe essere annullato, per permettere a questo desiderio di realizzarsi. Questo spiega l’ostilità delle campagne dirette alla rivoluzione di liberazione del Rojava, includendo anche i tentativi delle grandi potenze come Stati Uniti di usare il Rojava militarmente e di provare a svuotare le sue politiche o i suoi principi rivoluzionari. Traendo vantaggio dalle contraddizioni emergenti dentro i giochi del potere imperialista, il popolo curdo, coerente ai suoi prinicipi e ideali rivoluzionari, mentre veniva letteralmente circondato dagli spari e in alleanze tattiche temporanee con alcuni attori, è stato costantemente accusato di essere il burattino dell’imperialismo, nel suo tentativo di stabilire sistemi radicali di autogoverno, mentre difendeva dall’ISIS milioni di vite dalla loro certa morte da parte delle fasciste bande jihadiste .

Tristemente, le parti settarie e dogmatiche della sinistra internazionale sono state incapaci di leggere queste politiche emancipatorie e agendo di conseguenza, hanno autorizzato l’imperialismo di andare avanti rifiutando di estendere vitale solidarietà ai curdi nel momento in cui c’era maggiormente bisogno. C’è ancora tempo per correggere questo errore.

 

RESISTENZA O FASCISMO

Solo pochi mesi dopo l’annunciata liberazione dall’ISIS, da parte delle Unità di difesa delle Donne (YPJ), di Raqqa – dove migliaia di donne sono state tenute come schiave sessuali per anni- oggi, adesso, sotto il comando di Erdogan, fondamentalisti religiosi che cantano slogan pieni di fanatismo accompagnati da bizzarri rituali folklorici neo-ottomani, entrano, in queste ora, in Siria. Le nozioni di secolarismo e nazionalismo delle politiche turche, che si pensano in sé come “moderne” dirigono l’operazione con glorificazioni del militarismo fascista.

Nonostante gruppi jihadisti come l’ISIS e gli affiliati Al-Qaeda abbiano crocifisso, stuprato e bruciato vive persone innocenti per anni al confine turco-siriano, l’amministrazione di Erdogan, non sembra essere troppo preoccupata sul “terrorismo ai suoi confini”. Gli sforzi di esporre il supporto militare, logistico, e politico della Turchia nei confronti dell’ISIS ha incontrato orecchie sorde, anche quando Erdogan ha dichiarato la sua felicità sulla possibilità di caduta della città curdo-siriana di Kobane nelle mani dell’ISIS nel 2014.

Ancora una volta è chiaro che l’esperimento interculturale di liberazione delle donne su base di democrazia radicale della Federazione della Siria del Nord, che è iniziato con la Rivoluzione del Rojava del 2012, è più una grande minaccia agli interessi turchi, che quelli di qualsiasi altra forza reazionaria di stupratori assassini. In altre parole, lo stato turco sotto il regime di Erdogan sta tentando di portare a termine con la complicità dell’ISIS quello che l’ISIS non è riuscito ad ottenere: annichilire le aspirazioni per l’autodeterminazione del popolo curdo, e con queste, la possibilità di un’alternativa in Medio Oriente, basata sulla solidarietà, giustizia e libertà.

Da una settimana dall’operazione, spettacolarmente nominata “Ramoscello d’ulivo” lo stato turco ha già commesso massacri di civili. Nei media turchi, questa violazione della legge internazionale è stata chiamata una guerra per “la democrazia, la fraternità e la pace”. Il doppio gioco della “guerra al terrorismo”, iniziata dalla amministrazione Bush negli Stati Uniti, sta venendo impiegata per prendere in giro la società turca e il mondo facendo pensare che questa operazione sia necessaria per proteggere i cittadini turchi da attacchi terroristi e per difendere la sicurezza nazionale.

In realtà l’invasione è guidata dallo stesso stato che ha imprigionato bambini, comunità di attivisti, parlamentari democraticamente eletti, co-sindaci, giornalisti, avvocati, docenti, delegati per la pace, ambasciatori, attivisti dei diritti umani, difensori dei diritti delle donne, accademici contro la guerra. I fatti sono stati capovolti, le leggi del diritto internazionale sospese. Un vero crimine si sta commettendo di fronte agli occhi del mondo.

 

FIANCO A FIANCO CON AFRIN

Il detto curdo “ non abbiamo amici, se non le montagne” è spesso ripetuto quando ci si riferisce agli innumerabili massacri, alle ingiustizie e tradimenti che il popolo del Kurdistan ha sperimentato attraverso l’arco della loro storia. Stretto tra i quattro più importanti paesi del Medio Oriente – Turchia, Iraq, Iran e Siria- e costantemente minacciato con genocidi e attacchi da ogni lato, questa espressione risuona più di quanto dovrebbe con l’esperienza vissuta.

Questo detto riflette sul motivo per il quale il popolo curdo – e chiunque rispetto alla questione- dovrebbe fidarsi degli stati per indirizzare il proprio desiderio di libertà e giustizia. La recente cooperazione tattica con la Russia e gli Stati Uniti in Siria si è rivelata negli odierni attacchi turchi ad Afrin niente meno che un gioco del potere imperiale,  con la consapevolezza da parte delle entrambe grandi potenze di sacrificare milioni di vite e di civili per salvaguardare i loro più ampi interessi geopolitici.

Il movimento di liberazione curdo ha agito consapevole di questo, e questo spiega perché al momento del tradimento, le loro strutture basate sull’autorganizzazione non si sono dissolte ma al contrario hanno prevalso. La popolazione di Afrin, con la coscienza e l’esperienza dell’autogoverno acquisita da anni, è oggi pronta a difendersi contro ogni attacco e occupazione.

È ora chiaro che i popoli del Medio Oriente possono solo fare riferimento ai loro sforzi mobilizzando le forze popolari e la solidarietà internazionale e i legami di amicizia.

Ovunque nel mondo attivisti curdi hanno ancora una volta occupato le strade per protestare contro la guerra internazionale che si oppone alla loro lotta per la libertà. Le sollevazioni popolari attraverso tutto il Kurdistan e oltre hanno giocato un ruolo deciasivo per la vittoria di Kobane nel Gennaio del 2015. Le richieste attuali di proteste solidali non hanno a che fare solo con la fine degli attacchi militari, ma anche con la fine del commercio di armi con la Turchia e con chiamate per iniziare un genuino processo di pace sia in Siria che in Turchia.

Con la forza dello spirito di Kobane, è cruciale oggi mobilitarsi velocemente e in modo massivo in solidarietà con Afrin. Non possiamo mai fare riferimento agli stati per prendere la guida nel portare giustizia. Persone ordinarie, gli oppressi, le resistenti, i popoli che amano la libertà e tutte le comunità del mondo, devono essere amici  e amiche le une degli altri. Proprio come migliaia di persone dall’Argentina, dal Sud Africa, dall’Afghanistan si sono uniti alle nostre manifestazioni, occupazioni e proteste nel 2014 per la difesa di Kobane dal fascismo dell’Isis, il Movimento di Liberazione curdo e tutte le forze democratiche e progressiste in Siria, in particolare e in Medio Oriente più in generale, devono fare riferimento alla potenza della solidarietà internazionale in questo storico momento.

Nella battaglia di Afrin è possibile vedere le dimensioni universali delle lotte popolari contro il fascismo, la dittatura e la morte – e per la democrazia, per la liberta, per la giustizia. Il futuro di Afrin prefigura il destino di una regione a cui è stato negato di vivere degnamente per troppo tempo.

Non è per questo un’esagerazione dire che Afrin incarna oggi la difesa dell’umanità. Questa è la forma che assume la guerra al fascismo, nel XXI secolo, in Mesopotamia.

Dobbiamo stare fianco a fianco e difendere Afrin dal fascismo!

No pasaran.

*articolo di Dilar Dirik, apparso in lingua inglese su ROAR Magazine, 24 gennaio 2018

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