Fatema Mernissi. L’orientalismo rispedito al mittente

Fatema Mernissi. L’orientalismo rispedito al mittente

Fatema Mernissi è un’autrice araba d’origine marocchina nata a Fez nel 1940.
Considerata in tutto il mondo una fra le più autorevoli e originali intellettuali dei paesi arabi grazie al suo innovativo lavoro di sociologa e studiosa dell’Islam e del Corano, è riuscita ad imporsi sulla scena internazionale grazie alla sua attività di scrittrice, sia in qualità di saggista che di romanziera.
Il forte attaccamento al suo paese d’origine, il Marocco, punta estrema del Nord Africa, e la sua formazione accademica in parte occidentale, le hanno permesso di coltivare un pensiero proteso all’incontro con la differenza.
Il titolo originale del suo testo più famoso, La terrazza proibita, recita Dreams of trespass, sogni di evasioni, di oltrepassamento.
Il superamento degli hudùd, i confini, diverrà un tema ricorrente nelle sue opere e insieme uno scopo verso il quale orientare la sua stessa esistenza: nata e cresciuta in un harem, dove i limiti definiscono lo spazio di una reclusione femminile forzata, l’autrice svilupperà un approccio nomadico, teso a varcare le barriere di carattere politico e geografico che separano Oriente e Occidente, quelle di tipo sociale e umano che marcano le differenze fra i sessi e infine quelle temporali che si ergono tra passato, presente e futuro, in una continua ricerca di dialogo tra le epoche e le culture.

 

L’harem e l’Occidente. (2000)
Giunti, Firenze, 2000

 

Che cos’è un harem per l’osservatore occidentale? E che cos’è, invece, per chi vi ha realmente vissuto?
I nudi femminili passivi e silenziosi dei dipinti di Ingres e le odalische danzanti di Flaubert non potrebbero essere più lontani dalle donne orientali volitive e battagliere ritratte nelle antiche miniature persiane.
E’ a partire da questa distanza che prende le mosse l’indagine di Fatema Mernissi.
Le effimere creature che per secoli hanno popolato le fantasie del maschio occidentale prendono finalmente la parola e raccontano l’harem come l’istituzionalizzazione stessa di una reclusione forzata.
Con intelligenza e ironia l’autrice decostruisce immaginari e stereotipi, regala al lettore figure indimenticabili ma soprattutto scioglie quei nodi complessi che legano il piacere e il sesso alla paura che gli uomini, in Oriente come in Occidente, nutrono nei confronti dell’alterità femminile.

 

La terrazza proibita. Vita nell’harem. (1994)
Giunti, Firenze, 1996

 

Il pubblico e il privato si intrecciano in una appassionata memoria d’infanzia che ci conduce nella vita di un harem di Fez negli anni ’40 attraverso gli occhi di una Mernissi narratrice-bambina: sogni, desideri, speranze di libertà ma anche limiti, regole e confini per le donne costrette a vivere entro uno spazio che delimita la loro impotenza.
Modernità e tradizione viaggiano parallele sullo sfondo di un Marocco in trasformazione, agitato da fermenti nazionalistici e dalle rivendicazioni delle femministe arabe: un paese controverso in cui suoni, colori e profumi si mescolano alle aspirazioni mai sopite che le madri, fedeli alla propria cultura d’origine eppure ribelli, riversano sulle loro giovani figlie.
Ne emerge il ritratto di un Oriente diverso, speciale.
La narrazione di una storia che inizia con un segreto: le donne hanno le ali.

 

Islam e democrazia. La paura della modernità. (1992)
Giunti, Firenze, 2002

 

Occuparsi di Oriente nel mondo contemporaneo vuol dire necessariamente fare i conti con la differenza: e quando il terreno della differenza è quello politico, vuol dire chiedersi se l’Islam sia compatibile o meno con la democrazia.
Dall’Oriente fondamentalista e violento che vediamo riflesso sui media occidentali la sociologa marocchina ci conduce nell’ignoto islam cibernetico, alla ricerca di una strada verso la libertà di espressione che passi necessariamente attraverso la riscoperta di un passato irrisolto, l’epoca preislamica della jahiliyya.
La perenne contrapposizione Est-Ovest viene scalfita da una tesi originale e provocatoria: quando l’Oriente incontra l’Occidente è come guardarsi allo specchio, e scoprire quella parte di sé che nel corso dei secoli, seppure esistita, è stata orribilmente soppressa, la responsabilità individuale, seme della democrazia.
Il mondo arabo ne serba il ricordo come un’ossessione dalla quale non riesce a liberarsi.
Il fantasma della democrazia genera paura.

 

Chahrazad non è marocchina. (1991)
Sonda, Torino, 1993

 

La femminilità orientale viene portata alla luce attraverso la potente figura letteraria di Shahrazad: capace di salvare se stessa ed il suo popolo dalla violenza omicida del re Shahryar attraverso l’intelligenza e l’uso strategico della parola, diviene in Islam eroina politica ed emblema di libertà.
Per lei il diritto alla parola è diritto alla vita, il racconto uno strumento di sopravvivenza.
Ma non è l’unica.
L’accesso delle donne al sapere è per l’autrice il primo passo da compiersi in vista di un loro ingresso nello spazio pubblico, finora negato attraverso una condanna all’invisibilità che ieri avveniva con l’istituzione dell’harem, oggi si perpetra con l’imposizione dell’hijab (il velo).
La battaglia si combatte sul terreno della scrittura: nonostante la censura, la produzione letteraria del mondo arabo femminile è variegata e diviene strumento di lotta politica.
Il grido delle donne giunge da ogni parte, i loro corpi svelati si fanno accecanti come una luce nell’oscurità.
E’ l’esercito delle nuove Shahrazad.

 

Karawan. Dal deserto al web. (2004)
Giunti, Firenze, 2004

 

Sulle orme del misticismo Sufi, che suggeriva di superare la paura della differenza attraverso il contatto con lo straniero, Fatema Mernissi decide di partire.
In valigia un imperativo: liberarsi di (almeno) sette stereotipi.
La accompagnano personaggi reali e immaginari, figure del passato e personaggi mitici, professori, artisti, ecologisti, Penelope e il suo Ulisse, Sindbad il marinaio e i venditori di sardine, ex detenuti politici e poeti. Il viaggio diventa un evento itinerante, la Carovana Civica, per promuovere l’incontro tra persone (i cosiddetti “cosmocivici”) che condividono interessi civili, sociali, ambientali e culturali e si uniscono al fine di creare una rete di comunicazione libera, convinti che la democratizzazione dei paesi arabo-islamici passi attraverso la rivoluzione digitale per un accesso facilitato al sapere e una più equa distribuzione delle risorse materiali e intellettuali.
La comunicazione è il filo conduttore della ricerca di Fatema Mernissi, lo snodo cruciale tra passato e futuro, tradizione e modernità; ma è anche trasversale, nel tempo e nello spazio: in Karawan si viaggia tra arcaismo e virtualità.

 

Le 51 parole dell’amore. L’amore nell’Islam dal Medioevo al digitale. (2007)
Giunti, Firenze, 2008

 

In un’epoca di paure e contrapposizioni l’Islam sempre più di frequente evoca nella mente degli occidentali immagini crude di violenza e distruzione.
Fatema Mernissi sceglie di andare, ancora una volta, controcorrente, raccontando un mondo arabo che parla d’amore. E lo fa usando decine di parole.
La lingua araba sembra infatti possedere numerosi termini per declinare uno stesso sentimento: dal basilare hubb  “amore”, al prolungato mahabba “affetto costante”, e ancora ‘alàqa  “relazione“ se vi interessa la stabilità; sabàba “amore delicato e ardente” se non sapete scegliere, tatayyum “estasi che rende schiavi” e là‘ij  “amore straziante” se siete un po’ masochisti. E altri ancora.
Per districarsi in questo complesso universo di significati l’autrice si affida ad un guru d’eccezione: Ibn Hazm, poeta e teologo dell’XI secolo riscoperto in tempi recenti grazie ad internet, e presentato, insieme ad altri poeti dell’Andalusia araba, come il vero fondatore del movimento che in Europa diede avvio alla tradizione dell’amor cortese.
Oriente e Occidente, accomunati dal culto della donna sublime e inarrivabile, dalla tensione erotica che non si risolve mai nella felicità ma è motivo di angoscia e sofferenza, si riavvicinano nell’unico linguaggio veramente universale, quello del cuore.

 

Donne del profeta. La condizione femminile nell’Islam. (1987)
Ecig, Genova, 1992

 

Le sultane dimenticate. Donne capi di stato nell’Islam. (1990)
Marietti, Genova, 1992

 

L’insediamento di Benazir Bhutto alla guida del Pakistan nel 1988 provocò una frattura irreversibile nella storia politica dell’Islam: il femminile, per secoli condannato all’oblìo, aveva finalmente fatto il suo ingresso nel “pubblico”.
Ma era davvero la prima volta?
La Mernissi ripercorre quindici secoli di storia musulmana scoprendo il ruolo nascosto delle sultane e ricercando le ragioni che hanno portato alla cancellazione delle tracce di una presenza femminile profondamente incisiva nelle sfere del potere.
Contro i pregiudizi occidentali e i luoghi comuni di molta propaganda islamica integralista l’autrice tesse una narrazione dell’Islam che, se per certi versi si incrocia con quella dominante, per altri risulterà esserle alternativa.

 

Scheda curata da
Giulia Pileggi