Franca Clemente – A proposito della violenza

Nell’articolo “Che succede, dico a noi in quanto donne?”, Giancarla Codrignani polemizza con alcune “femministe di rango” che inviterebbero le donne a “fare i maschiacci” e ricorderebbero “alle tapine che contro la violenza, di genere o no, va esercitata la ‘forza’”.

Vorrei chiedere a Giancarla cosa intenda per violenza.

E’ violenza la TAV, l’occupazione degli spazi pubblici, il blocco delle strade e dei treni? Eppure è una battaglia di sopravvivenza, di difesa della più elementare democrazia. Eppure quella strenua difesa da una violenta, prepotente aggressione è definita violenza.

Sarebbe violenza se in un tribunale, in occasione magari di un processo per violenza in cui è coinvolta una donna, si gridasse violentemente al giudice che siamo stufe di avere un distributore di chewing-gum al posto di un essere umano, dove si infila la lista delle norme e viene fuori una sentenza e che, se chi è incaricato di giudicare così intende il suo compito, può anche tornarsene a casa che risparmiamo sulle tasse? Eppure questo sarebbe considerato un oltraggio violento e chi ha gridato buon senso e umanità verrebbe condannato e punito.

E’ violenza se gli operai licenziati, ovvero estromessi dal diritto alla sopravvivenza, occupassero una fabbrica o, sgombrati con violenza, distruggessero i macchinari destinati alla delocalizzazione?

Dobbiamo prendere atto che gli spazi istituzionali e legali ammessi per opporsi alle regole sono sempre più ristretti e sempre meno efficaci, come le dimostrazioni di piazza, i referendum, le proposte di legge di iniziativa popolare, bellamente ignorate e prevaricate.

Dobbiamo continuare a fare aventino sdegnosamente abbracciate alla “nostra” non-violenza? Dobbiamo aspettare che passo passo saremo riuscite a cambiare le condizioni e le convinzioni della cultura dominante?

Ma la realtà, se vuoi proprio guardarla senza veli pietosi, è che non solo ci vorrebbero secoli e la Terra non di dà più tempo, ma soprattutto che Achille si allontana sempre più dalla tartaruga. E il motivo è che sta correndo, perché la regola posta alla competizione è quella della corsa, favorevole ad Achille, e non quella della saggezza, favorevole alla tartaruga.

Nel frattempo viene distrutto l’ambiente in cui viviamo, le persone si impoveriscono sempre più, si ammalano, hanno fame, soffrono, muoiono. Le donne diventano soldate, guidano tir, vanno al governo come ministre e fanno la riforma del lavoro e delle pensioni. E passa  nella considerazione , e delle donne, che queste sono le quelle “vincenti”, quelle da imitare.

Le regole del gioco non sono le nostre, ma ci pongono purtroppo un solo dilemma. O ci stai dentro o ti ritiri dalla competizione troppo violenta, votandoti alla sterilità. E’ perché siamo sterili che le donne vanno dall’altra parte. Tertium non datur. A meno di uscire dalle regole, rischiando quella che, secondo queste stesse regole, è chiamata violenza. Uscire dal gioco della strumentalità vorrebbe che ci chiedessimo cosa sia violenza e se la rinuncia scandalizzata alla legittima difesa non sia solo autolesionismo e paura.

Franca Clemente

 

 

 

Redazione

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