M. Massari (a cura di), Attraverso lo specchio. Scritti in onore di Renate Siebert , Pellegrini 2012

Lo sguardo di Renate Siebert esplora e interroga con curiosità e passione, intelligenza e partecipazione i cambiamenti più profondi della società contemporanea, adottando una prospettiva che di volta in volta la conduce a situarsi dalla parte di soggetti scomodi, o perché tacitati dalla storia o perché complici, con i loro silenzi e le loro strategie, di una violenza totalitaria che suscita angoscia e semina morte. In questo volume, un gruppo di studiosi rende omaggio alla persona e al lavoro della sociologa tedesca che da anni ha scelto di vivere e lavorare in Calabria, ponendosi simbolicamente di fronte a uno specchio che riflette, ma che al contempo induce ad andare oltre ciò che appare. Essi assumono come punto di partenza tre parole-chiave del dibattito teorico contemporaneo – i concetti di riconoscimento, culture e identità – e avviano un dialogo che li conduce a esplorare, secondo un approccio multidisciplinare, territori tuttora incogniti della nostra società.
Scritti di:
Laura Balbo
Monica Massari
Detlev Claussen
Anna Salvo
Geneviève Makaping
Anna Curcio
Donatella Barazzetti
Sabrina Garofalo
Giovanna Vingelli
Teresa Grande
Rocco Sciarrone
Alessandra Dino
Ercole Giap Parini
Francesca Viscone
Umberto Santino
Dalla nota introduttiva Riconoscersi, cercando l’altrove: una introduzione
di Monica Massari
[…] Trovare le parole giuste per tradurre una relazione intensa, fatta di prossimità disuguale, eppure vivida, come quella che si instaura tra donne appartenenti a generazioni e mondi sensibilmente diversi, non è facile. E forse non è neanche necessario, consapevoli, come siamo, di poterne custodire dentro di noi la cifra più preziosa. Ma nell’introdurre al lettore questo volume scritto in suo onore da un gruppo di amiche, amici, colleghe, colleghi, allieve che negli anni hanno avuto, come me, la fortuna di imbattersi nella persona e nell’opera intellettuale di Renate Siebert, non sembra possibile disgiungere il vissuto quotidiano della relazione che ognuno di noi ha costruito con lei, dal dialogo che ci ha unito. E che ha allargato, in un doppio movimento, esistenziale e intellettuale, il nostro modo di stare nelle cose di cui ci occupiamo.
[…] La realtà materiale dei fenomeni a cui il suo sguardo si è rivolto in questi anni, le categorie di analisi utilizzate, le prospettive proposte lasciano filtrare sempre le dimensioni della coscienza e l’espressione delle soggettività, le più varie, collegate alle strutture sociali. Sin dall’opera dedicata a Frantz Fanon, agli inizi del suo percorso, passando attraverso le ricerche dedicate alle soggettività femminili dei vari Sud, agli studi sull’implacabile totalitarismo mafioso nella sfera delle relazioni e della quotidianità e poi, ancora, ai processi di elaborazione del passato, alle memorie dimenticate e offese, alle forme di misconoscimento che il razzismo alimenta nelle società complesse già ferite dall’antisemitismo, fino a (ri)tornare, nuovamente, alle voci e ai silenzi postcoloniali, il suo percorso teorico contiene e media, dentro di sé, le istanze più disparate. Vi sono certamente le risorse attinte dalla teoria critica francofortese, dalla psicoanalisi, dalla sociologia qualitativa attenta a sondare categorie scomode (le identità, i corpi, la memoria), dal femminismo, dal movimento anti-razzista, ma anche dalla letteratura, dal cinema, dalla musica, dall’arte. Tanto che, riflettendo sul suo percorso intellettuale, viene naturale pensarlo come se fosse un romanzo in cui la passione e l’investimento senza risparmio la conducono a fare anche della coscienza autobiografica o, comunque, del costante auto-interrogarsi, un elemento distintivo della sua sociologia. Una sociologia che parte, soprattutto, da sé.
[…] Esporsi, letteralmente, alla sua poetica sociologica e a quel suo sapere esistenziale ha indubbiamente segnato anche la nostra biografia, il nostro modo di pensare, in modo diverso, come essere e diventare sociologi.
[…] Il suo essere straniera, nella biografia, ma soprattutto nella postura teorica che autenticamente le è sempre stata più congeniale, la sua aperta nostalgia dell’altrove che l’ha condotta, sin da giovanissima, a esplorare, addentrandovisi fino in fondo, mondi apparentemente assai diversi, riuscendo a farli convivere assieme, costituiscono il tratto più fecondo, per me, del suo insegnamento. Un’intellettuale cosmopolita si sarebbe detto in altri tempi. Ma Renate Siebert è forse altro, dal momento che il mondo, lei, sembra averlo portato sempre dentro di sé, a Francoforte, come a Milano, in Algeria come a Parigi, in Sardegna come nei boschi silenziosi della Sila o fra i tetti di ardesia delle casette dei pescatori dell’isola greca che le è cara.
Gli echi di questo mondo dentro sono visibili in tutti i suoi scritti. […] Vorrei, però, ricordare un aspetto che mi sta particolarmente a cuore. L’attenzione verso l’altrove, così come verso i luoghi e i fenomeni più prossimi, è stata sempre accompagnata, nel suo itinerario di ricerca, da un’attrazione, un desiderio di conoscenza partecipata verso “i vinti della storia”, “i dannati della terra”, soggetti scomodi o perché tacitati dalle grandi narrazioni (come nei suoi studi sul razzismo, la memoria coloniale, le donne dei vari Sud del mondo) o perché complici, con i loro silenzi e le loro strategie, di una violenza mortifera che suscita angoscia e semina distruzione (le donne di mafia). Il tema del silenzio, a ben vedere, nelle sue varie declinazioni – imposto, scelto, subito, rivendicato, sempre comunque sofferto – attraversa un po’ tutta la sua estesa bibliografia, delineando orizzonti inediti sempre a cavallo fra i sotterranei dell’anima e i meandri intricati dei fenomeni sociali più concreti.
Redazione

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