Maria Golinelli – Del corpo che resiste. Per un archivio della performatività nelle pratiche di protesta sociale

Tesi di laurea in Gender Studies
Relatrice: prof.ssa Cristina Demaria
Correlatore: prof. Manlio Iofrida
Corso di laurea magistrale in Scienze Filosofiche
Alma Mater Studiorum – Bologna
Scuola di Lettere e Beni Culturali
Anno accademico 2013/2014
Se provassimo a cercare su un dizionario della lingua italiana la parola dissenso troveremmo definizioni che parlano di disapprovazione, di opposizione nei confronti di qualcosa o qualcuno, di divergenza di opinioni, di manifestazione di un pensiero dissenziente. Dal Vocabolario Treccani, per esempio, si legge: «mancanza di consenso, di accordo; diversità di parere, di sentimento», e ancora «critica vivace e serrata, operata dall’interno (ma che può talora risolversi in decisa opposizione) alle strutture di partiti, di organizzazioni sociali, politiche o religiose, per profonde divergenze circa le posizioni teoriche e ideologiche, le direttive, le linee d’azione sia in generale sia riguardo a problemi particolari». Il dissenso, concetto complesso e multiforme, va spiegato e ridefinito ad ogni occorrenza e circostanza d’uso, e regola se stesso e la pratica di pensiero o di azione che ne deriva secondo il contesto da cui prende esistenza.
Questo lavoro di ricerca mira a comprendere la pratica attraverso la quale si costruisce il corpo nella protesta: l’obiettivo è di esplorare alcune possibili connessioni e sistemi teorici adeguati a comprendere cosa significa per un corpo ritrovarsi in piazza a occupare, a protestare, a lottare, incarnare il dissenso in una presenza fisica e materiale.
Quella dell’occorrenza del corpo nelle nuove ondate di protesta rappresenta un tema di stringente attualità: occupazioni e movimenti organizzati, flash-mob, manifestazioni, rivolte semi-spontanee, cortei fanno spesso ricorso, sia pur in misura differenziale, alla presenza e all’utilizzo del corpo fisico come materia di denuncia sociale e politica. Un singolare esempio di ostentazione e caratterizzazione del corpo si trova nel gruppo ucraino di Femen che negli ultimi anni si è fatto conoscere su scala globale per i controversi eventi di manifestazione in cui le attiviste mettono in mostra il proprio seno per comunicare un messaggio preciso. Le Femen indicano nell’esibizione della corporeità il segno della propria protesta, lo strumento di senso per una battaglia contro la retorica culturale che avvolge l’immagine della donna. Da qui nasce l’imminente necessità di studiare il corpo dotato di potenzialità espanse, come strumento di (ri)significazione.
Un movimento sociale non è facilmente riducibile a un fenomeno empirico definito e osservabile sul campo etnografico. Si tratta di un’espressione che indica particolari processi fondati sulla condivisione di credenze e di azioni strategiche orientate alla trasformazione degli assetti istituzionali di una data società.
In questo particolare ambito non può essere discussa unicamente l’agency dei soggetti e la loro possibilità di determinare la realtà che li circonda. Parlare di movimenti sociali implica sempre riflettere sulle strutture enunciative e narratologiche che sostengono le posizioni in campo: i segni intorno a cui la protesta viene costruita e ordinata ne condizionano l’interpretazione, gli effetti pragmatici e, più in generale, il senso complessivo. Di fatto, il dissenso è strettamente connesso con le forme stesse della sua rappresentazione, forme che necessariamente devono evidenziare una certa criticità di contenuti.
Uno studio volto a cogliere il corpo nelle sue soglie di apparizione si fonda sul bisogno di costruire e formalizzare un metodo di ricerca adeguato e coerente, non conclusivo o risolutivo, ma in grado di approfondire problemi, possibilità, direzioni. Cercherò dunque di strutturare un percorso di ricerca attraverso il confronto tra campi disciplinari e linguaggi differenti: seguendo una proposta di integrazione teorica sarà possibile revisionare le categorie classiche di movimento, espressione, partecipazione, militanza, protesta per riflettere sullo statuto del corpo e sui processi attraverso cui si produce il senso e le modalità che lo mettono in circolazione in determinati contesti. Ritengo, in particolare, che il campo di applicazione del concetto di pratica performativa possa essere esteso e applicato in maniera funzionale alla sociologia dei movimenti sociali, costituendo, con le sue molteplici sfaccettature, una feconda chiave di lettura per spiegare le dinamiche di azione ed enunciazione e cogliere la sostanza della protesta, contribuendo a definirne un’immagine unitaria senza celarne gli aspetti processuali e interattivi.
Nel primo capitolo farò riferimento alla trattazione di Michel Foucault che, mettendo in primo piano le categorie di potere, sapere e sessualità – categorie con le quali, secondo il filosofo francese, nei secoli si è tentato di normativizzare i corpi e i piaceri e di costituire le identità –, ha sviluppato strumenti analitici utili a dare conto delle interrelazioni tra corpo e società. Descrivere i meccanismi di soggettivazione e assoggettamento permetterà di comprendere la presa in carico delle forme di vita da parte del potere: il corpo materiale emergerà così superficie di discorso incessantemente significata da un complesso gioco di forze.
Pensare attraverso Foucault permetterà di astrarre le premesse per porre in essere una corporeità agente e identificare possibili strategie di discontinuità attraverso cui riconfigurare la pratica politica. Mi confronterò a questo punto con diversi ambiti teorici, dal postanarchismo al materialismo femminista, così come alcuni spunti offerti dalla teoria queer in riferimento al tentativo di decostruzione delle identità sessuali e di genere. Il soggetto barbaro di Hardt e Negri, il corpo nomade di Rosi Braidotti, il cyborg di Donna Haraway si presenteranno mappature di posizioni situate in cui cercare i temi della frammentazione, della diacronia, della relazionalità, profili soggettivi da porre alla base dell’idea di resistenza al potere come restrizione (potestas) e come rafforzamento e affermazione (potentia). Si noterà nel dettaglio come queste differenti singolarità in divenire, restituendo un corpo decentrato attraversato da conflitti e contraddizioni, disponibile a essere trasformato, reinventato, riscritto, riflettano la stessa esigenza di fondo: dotare il pensiero critico di una dimensione fattiva, elaborare una rinnovata microconflittualità sociale che risponda creativamente alle forme codificate di rappresentazione.
A partire da un preliminare inquadramento degli enunciati performativi e della dimensione pragmatica del linguaggio, nel secondo capitolo si procederà trattando delle performance culturali, rilevandone l’immanente funzionalità sociale che alcuni studi antropologici, in particolare quelli condotti da Victor Turner, hanno portato in luce. Gli antecedenti teorici per comprendere la performance quale pratica decostruttiva saranno invece rintracciati nell’ambito dei performance studies, ma è soprattutto la teoria queer di Judith Butler a dimostrare la stretta portata trasformativa che una performance di genere, in quanto ripetizione stilizzata di norme, permette. Procederà dunque una considerazione approfondita della parodia drag come pratica dissacrante delle epistemologie culturali, capace di creare una resistenza alla definizione, un decentramento, una trasformazione.
Infine, il terzo capitolo approfondisce il caso di Femen attraverso un’analisi critica volta a rintracciare le caratteristiche e le qualità performative delle manifestazioni collettive di protesta. Confinando alla nudità l’iniziativa politica, è evidente che tutto il senso della protesta di Femen è proteso alla caratterizzazione del corpo femminile e all’esibizione del seno. Questo marcato effetto sulla presenza fisica mira a mettere in crisi, a mutare di segno: considerando la relazione con gli spettatori e la dimensione pubblica dello spazio performativo, si renderà possibile valutare l’uso del corpo sessuato non solamente come veicolo espressivo articolante la scena, ma al tempo stesso come prodotto articolato, come potenziale unità operatrice di risignificazione.
Lungo il discorso resterà in primo piano la definizione di pratica semiotica in quanto articolazione processuale significante. I problemi della descrivibilità e interpretabilità delle pratiche in semiotica rappresentano i nodi di una controversa indagine che mette continuamente alla prova la capacità di individuare e circoscrivere con precisione l’oggetto. Una profonda comprensione della pratica quale fenomeno semiotico rafforzerà la categoria di performatività per rendere conto del ruolo del corpo, e specificatamente della natura segnica del seno, entro un sistema strutturato di comunicazione. In questo senso, cercherò di fornire degli spunti per una lettura della protesta di Femen come pratica insorgente militante che, in base a determinate caratteristiche performative, si confronta con i sistemi di rappresentazione che dominano la contemporaneità.
Indice:
Introduzione
Cap. 1 – Elementi per una genealogia della resistenza
1.1. Il corpo nella dialettica tra potere e resistenza
1.2. «Evacuazione dai Luoghi del Potere». In attesa dei barbari
1.2.1. Statuti di negatività contro il corpo sociale
1.2.2. Ontologia del postumano: la favola cyborg
1.2.3. Disgiunzione anarchica nomade
1.2.4. Verso una moltitudine incarnata
1.3. La resilienza della materia
Cap. 2 – Corpi in movimento: la prassi performativa
2.1. La performatività del linguaggio
2.2. Performance culturali: uno sguardo antropologico
2.2.1. Spazio liminale e funzionalità sociale
2.3. La performance come comportamento recuperato
2.4. Pratiche di genere: soggettività performativa
2.4.1. Rovesciamento parodico e performatività istituente
Cap. 3 – Costruzione di un linguaggio della protesta
3.1. Sul concetto di pratica: premesse metodologiche
3.1.1. Testualizzazione della pratica performativa
3.2. Analisi di una protesta sociale: le performance del gruppo Femen
3.2.1. Artificializzazione del corpo performer
3.2.2. Strutture valoriali, linguaggi, testi della comunicazione di Femen
3.2.3. Soggetto e spazio urbano
3.2.4. La partecipazione del pubblico
3.2.5. Estetica e funzione dell’oggetto performativo: il seno come segno
Conclusioni
Bibliografia
Apparato iconografico
Redazione

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