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Call for Papers – Seminario online STORIE DI DONNE IN CARCERE: TRA SOPRAVVIVENZA E CREAZIONE

5 Febbraio 2021 -8:00 - 20 Febbraio 2021 -23:30

[FR. Récits de femmes en milieu carcéral : entre survie et création.]

Giornata di studi on line
24-25 Marzo 2021, Université de Montréal (Montréal, Québec, Canada).

Questa giornata di studi è organizzata dall’équipe del progetto di ricerca “Théâtre sonore et voix de femmes incarcérées dans un dispositif de récits de soi”, sovvenzionato dai Fonds de recherche du Québec, sezione Société et Culture, e diretto da Simon Harel.

Presentazione
Secondo un recente studio condotto dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani (UNHCHR) e reso pubblico nel luglio 2020, da diversi anni il numero delle donne detenute nelle carceri aumenta progressivamente e più velocemente di quello degli uomini: con oltre 700 000 detenute nel mondo, la popolazione femminile rappresenta tra il 2 e il 10% della popolazione carceraria mondiale. Come sostiene l’associazione Penal Reform International, tale aumento è causato principalmente dalla detenzione di donne che hanno commesso, nella maggior parte dei casi, reati minori e non violenti e si spiega a causa dello scarso ricorso a pene alternative, le quali sarebbero senz’altro più efficaci. Generalmente provenienti da contesti svantaggiati e/o affette da alcolismo, tossicodipendenza e disturbi mentali, le detenute sono spesso private dell’accesso a servizi giuridici troppo onerosi o persino dell’assistenza sanitaria e dell’istruzione. Inoltre, l’incarcerazione delle donne non ha soltanto delle importanti ripercussioni sulle loro vite personali, ma anche (e soprattutto) sulle loro vite familiari poiché sono generalmente più coinvolte nella tutela e nell’educazione dei loro figli. Con carceri femminili il cui unico modello è quello maschile, le donne sono prigioniere di un sistema penitenziario che non soddisfa le loro specifiche esigenze.

Ciò che questi dati rivelano è soprattutto l’invisibilità delle detenute: queste donne sono, in primo luogo, invisibili perché rappresentano una popolazione minoritaria rispetto a quella maschile. Gli istituti di pena femminili – meno numerosi di quelli maschili – non sono quasi mai oggetto di ricerche e pubblicazioni scientifiche nel campo delle scienze sociali e sono raramente beneficiari di sovvenzioni e finanziamenti. In secondo luogo, le donne detenute sono maggiormente invisibili in quanto considerate come casi poco rappresentativi nell’ambito carcerario in generale, inghiottite quindi dalla folla carceraria e ridotte a essere solo un caso tra gli altri.

La donna è ancora oggi spesso subalterna alla Storia scritta al maschile, la sua voce è ridotta al silenzio epistemologico, sistematicamente messa a tacere, relegata ad essere udita comme un rumore bianco, mentre questa è in realtà centrale per la sua emancipazione, non soltanto come strumento sonoro di riposizione e rivendicazione, ma come spazio per costruzioni soggettive, relazioni e dialoghi. La donna è altresì prigioniera della mise-en-scène del corpo e della cattura dell’immagine, prigioniera insomma delle strutture incarceranti del genere. Orbene, l’ambiente penitenziario opera una duplice marginalizzazione della donna, tanto per l’isolamento alla quale la relega in quanto detenuta, quanto per l’invisibilità alla quale la riduce e in cui la sua voce diventa un debole sussurro appena udibile.

Il nostro progetto di ricerca-creazione, “Théâtre sonore et voix de femmes incarcérées dans un dispositif de récits de soi”, si inserisce nell’oscurità e nel silenzio di questa invisibilità e si pone come dispositivo di attraversamento delle mura carcerarie, come breccia che permette di far sentire e risuonare la voce delle detenute oltre le sbarre della prigione e, in tal modo, sensibilizzare al fenomeno dell’incarcerazione femminile. La nostra iniziativa si fonda sulla mise-en-scène della voce come veicolo di interiorità in grado di oltrepassare le mura che confinano le donne all’interno degli istituti di pena facendo emergere la dimensione politica, letteraria e identitaria della voce. Anziché ripensare o ricreare a partire dallo spazio narrativo della scrittura, il nostro progetto privilegia un approccio inedito: un dispositivo registrerà le voci delle donne detenute al fine di creare un autentico teatro sonoro, il quale permetterà di pensare la voce come spazio per una riposizione e una rivendicazione, di costruire un luogo di creazione e di sondare la voce come possibile breccia – per citare alcuni degli orizzonti di riflessione del nostro progetto.

L’obiettivo di questa giornata di studi è quello di incoraggiare e sviluppare una riflessione sull’essere donna in carcere e sul dire la prigione tuttavia considerando la correlazione tra questi due aspetti, prigione e creazione, e riflettendo sui dispositivi e sui mezzi di agency ed emancipazione messi a loro disposizione per comprendere al meglio il rapporto che intercorre tra le donne e la loro detenzione. Sebbene private della loro libertà e sottoposte alla prigionia e alla detenzione – soggiogate quindi da esperienze di emarginazione e alienazione del sé creativo – sono numerose le donne che hanno raccontato il loro vissuto rompendo il silenzio, sconfiggendo l’oblio e facendosi così portavoce dell’esperienza femminile in carcere.

Al fine di svolgere al meglio la nostra riflessione, sarà preso in considerazione ogni medium artistico (letteratura, pittura, installazioni, registrazioni audiovisive, film, danza, performance, etc.). Nessun limite è imposto per quanto riguarda il periodo storico, il paese di origine o l’area geografica, le forme espressive nonché la lingua della scrittrice/artista scelta.

Temi di discussione proposti:
Questi spunti, affatto restrittivi, sono suggeriti a titolo indicativo.

Dire, tradurre e raccontare l’incarcerazione
Autonarrazioni, storytelling e autofiction: tra sopravvivenza ed evasione
Creare per sopravvivere: testimoniare per combattere l’oblio e per riparare l’esperienza della prigione
Forme, supporti, avatar artistici e letterari e prospettive di donne dal carcere
Rappresentare e tradurre lo spazio del carcere al di là delle sbarre della prigionia
Dal silenzio alla scoperta di un linguaggio a sé per raccontare il mondo e raccontarsi nel mondo

L’agency e l’emancipazione della donna in carcere
Autorappresentazione, presa di parola e altri gesti di agency femminile
Rappresentazioni della donna in carcere: tra silenziamento e subalternità
Comunità, solidarietà e polifonie femminili in carcere
Catarsi e sublimazione: terapie artistiche e laboratori creativi negli istituti di pena
Un’eredità di resistenza dalla prigione: testimonianze delle lotte di ieri per l’emancipazione delle donne di oggi

“L’effetto prigione” o il segno di uno Stato onnipresente e vigile
Il sistema penitenziario: sorveglianza, dominio e dispositivi di controllo delle donne
Eterotopie, temporalità e spazi dell’imaginario in carcere
Potere e contropotere della/sulla donna detenuta
Vivere diversamente la sessualità, l’orientamento sessuale e l’identità di genere in prigione
Il carcere come sinonimo di perdita di libertà e della vita: testimonianze di detenute scomparse e dovere di memoria
Guardare il mondo al di là delle sbarre delle celle: un dialogo tra dentro e fuori

Modalità di svolgimento della giornata di studi
A causa delle misure sanitarie legate all’emergenza Covid-19, la giornata di studi “Récits de femmes en milieu carcéral : entre survie et création” si svolgerà interamente on line e sulla piattaforma Zoom. I relatori e le relatrici potranno partecipare senza vincoli geografici. Il collegamento sarà inviato a coloro che parteciperanno previa accettazione delle loro proposte e sarà pubblicato nel programma della giornata di studi.

Gli interventi non dovranno durare più di venti minuti e saranno seguiti da un dibattito di circa dieci minuti.

Procedura di selezione e data limite
Gli interventi possono essere presentati in francese, inglese e italiano. Si richiede pertanto una comprensione delle altre due lingue. Le proposte di comunicazione dovranno includere:
– nome, cognome, istituzione di appartenenza e indirizzo e-mail della candidata o del candidato
– titolo della comunicazione, una sintesi di massimo 250 parole che specifichi chiaramente il corpus studiato, una bibliografia critica e una nota auto/biblio-grafica di tre righe.

Le proposte dovranno essere inviate entro il 20 febbraio 2021, in formato PDF o Word, agli indirizzi: valentina.pancaldi@umontreal.ca ; mira.missirian@umontreal.ca
Le candidature presentate saranno valutate dal comitato scientifico che ne valuterà la pertinenza. Sarà data priorità agli interventi che affrontano la problematica della donna in carcere da una prospettiva pluridisciplinare.

Comitato scientifico e organizzativo: Simon Harel, Mira Missirian e Valentina Pancaldi (Université de Montréal, Département de littératures et de langues du monde, Littérature Comparée).

Bibliografia indicativa

Antologie e raccolte
BURKE, C.A. (1992). Visions Narratives of Women in Prison, University of Tennessee Press.
FRIGON, S. (2014). De l’enfermement à l’envol : rencontres littéraires, Remue-Ménage.
SCHEFFLER, J. A. (1986). Wall Tappings: An Anthology of Writings by Women Prisoners, Northeastern University Press.

Corpus teorico e critico
ENGLEBERT, J. (2019). Enfermement carcéral, imaginaire et pathologie de l’adaptation, Empan, 114 (2), p. 22-30.
FOUCAULT, M. (2006). Utopie eterotopie, Cronopio.
SALADO R. & C. TREVISAN (dir.). (2019) Écrits, images et pensées de prison, Hermann.
SIBLEY, D. & B. VAN HOVEN (2009) The Contamination of Personal Space: Boundary
Construction in a Prison Environment, Area, 41, 2, 198-206.

Opere letterarie e autobiografie
LUXEMBURG, R. (1922). Lettere dal carcere, Avanti! | (1979) Lettere 1893-1919. Editori Riuniti.
LYTTON, C. (1914). Prison and prisoners: Experiences of a suffragette, William Heinemann.
NEMAT, M. (2007). Prigioniera di Teheran, Cairo.
SAPIENZA, G. (1983). L’università di Rebibbia, Rizzoli.
SARRAZIN, A. (1972). Le Times, journal de la prison 1959, éditions Sarrazin.

Dettagli

Inizio:
5 Febbraio 2021 -8:00
Fine:
20 Febbraio 2021 -23:30
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