di Mariangela Madonna
Corpo Mente. Il dualismo e le filosofe di età moderna è un saggio
scritto a quattro mani da Sandra Plastina ed Emilio Maria De Tommaso, edito da
Enciclopedia delle Donne. Il testo che ci troviamo di fronte è prima di tutto
un meraviglioso lavoro di recupero e di analisi della vita intellettuale tra il
XV e il XVII secolo. Tale libro si pone come una finestra aperta su un tempo
storico costellato di grandi nomi – come, ad esempio, Cartesio o Leibniz – che
da sempre appaiono come punti cardinali del pensiero della modernità e li
ricontestualizzano come stelle, magari più luminose delle altre, ma facenti
parte di una più articolata costellazione di pensatori e pensatrici. In alcuni
casi è proprio a partire da queste “stelle più luminose” che si rintracciano le
coordinate da percorrere per poter arrivare a conoscere pensatrici come Damaris
Cudworth Masham che fu legata a Locke da una profonda amicizia; o Elisabetta di
Boemia che intrattenne un carteggio con Cartesio importante al punto tale da
essere considerato da Pierre Chanut essenziale per poter meglio comprendere le
dottrine cartesiane. Abbiamo così un succedersi, in modo cronologico, di ben 12
personalità diverse e del loro pensiero. La struttura del testo stesso
accompagna il lettore in quello che potrebbe essere un percorso tortuoso e
confusionario. Viene, infatti, scelto un filo rosso che collega le personalità
presenti nel libro, una tematica comune che non solo ha interrogato tutta la
filosofia moderna ma ha attraversato, in maniera sempre diversa, le protagoniste
del libro: la possibile relazione tra corpo e mente.
Non si deve
però pensare che tale saggio sia incentrato singolarmente su tale tematica; gli
argomenti che si susseguono sono decisamente di più e anche se, come ha fatto
notare anche Nuria Sanchez, essi si “ripetono con una certa costanza”
(Sanchez, p. 376), sono affrontati, e quindi arricchiti, dalle posizioni da cui
nascono. Non solo attraverso la scelta della tipologia di testo più congeniale
(lettere, dialoghi, saggi, romanzi), ma anche tramite lo stile ci è permesso un
duplice approfondimento: sia sul pensiero della filosofa, sia sulla filosofa
stessa. Di questo bisogna ringraziare lo straordinario lavoro di due autorə che
hanno recuperato, e spesso tradotto, i testi delle filosofe a cui hanno
dedicato una sezione apposita alla fine dei vari capitoli permettendoci un
confronto diretto. Potrà, quindi, destare della sorpresa quando, leggendo i
vari capitoli, non si troverà esplicitamente affrontata la relazione tra corpo
e mente, ma ciò è vero solo in apparenza. Tale questione filosofica, infatti,
ha varie possibili declinazioni, soprattutto se posta nelle mani di una donna.
Per quest’ultima, da sempre definita debole nel corpo, molle, come
direbbe Aristotele, e per questo non capace di un pensiero critico,
intellettuale, o addirittura razionale, l’interrogativo risulta non un’istanza
generica sulla quale poter riflettere, ma una questione più politicamente
situata. La conformazione biologica femminile è compatibile con
un’articolazione intellettuale del pensiero? Può permettere una corretta e non
problematica partecipazione alla vita pubblica?
Trovo che
intitolare il libro Corpo Mente, senza aggiungere congiunzione od
opposizione, evochi perfettamente quello che tale istanza filosofica sottintenda:
un rapporto sempre nuovo, che può essere sia di distacco che di adesione, nato
per vestirsi sempre di nuovi abiti, per arricchirsi di nuove sfumature che
prendono colore in base a colei o colui che ne parla. Ma c’è di più. Il titolo
del libro così evocativo ben rappresenta anche la tipologia di relazione che le
varie filosofe qui citate ebbero col proprio tempo, la propria società. Un
rapporto, quindi, che poteva essere di adesione, di partecipazione e di opposizione a tempi alterni, o di totale distacco come nel caso di Marie le
Jars de Gournay, una donna indipendente, che decise di non sposarsi, che
“non si identificava con nessuno dei ruoli femminili codificati e
socialmente accettati in età moderna e questo ne fece un’anomalia” (Plastina-De
Tommaso, p.208). Ma se, in virtù di tale paragone e alla luce della lettura del
saggio qui presentato, mi si dovesse chiedere se esse furono corpo o mente
rispetto alla società nella quale vivevano, non potrei che rispondere che esse
furono corpo e mente. Pensatrici argute, sagaci, irriverenti, ma il loro
pensiero, le loro idee non rimasero tali, ma presero corpo attraverso i loro
corpi, acquisirono materia e presero forme diverse rispetto ai corpi che ne
scrivevano. Erano donne, quindi corpi situati, sessuati, incarnati, e a partire
da ciò che quel corpo costava loro nacquero gran parte delle loro riflessioni.
Per quanto figlie del proprio tempo, esse si destano al di sopra di questo
percorrendo strade non asfaltate alla ricerca di risposte a domande che nessuno
aveva posto prima di loro come quella della condizione femminile nel proprio
tempo, delle motivazioni della propria “messa tra parentesi”; più in generale
riflessioni sulle emozioni, sulle passioni, sul posto dell’essere umano nel
mondo. È bene rammentare, però, che per ogni autrice del Rinascimento muovere
la propria riflessione a partire dalla propria posizione vuol dire anche
rispondere a domande di carattere più generale: interrogarsi sulla natura
femminile e il proprio posto nel mondo vuol dire tentare di dare una risposta
più completa alla domanda su quale sia la natura umana in generale. Non
bisogna, quindi, pensare che i testi in cui si affronta la tematica femminile
siano semplicemente in risposta alla misoginia dilagante del tempo, agli altri
testi in cui si sentenziava su come la donna dovesse vivere, ma, piuttosto,
come un nuovo e preciso modo di voler fare filosofia.
Scopriamo,
così, di donne che hanno imparato il latino e le scienze nei modi più
disparati: autonomamente o dai loro padri, fratelli o fidati amici, ma di certo
non da maestri o precettori, e leggiamo di donne protagoniste di congetture
sulla loro natura viziosa e sulla loro incompetenza intellettuale, ma
apprezzate da uomini degni di nota che hanno provato a far circolare i loro testi,
a darli alla stampa. È proprio in questo tipo di contesto che prende forza e si
comprende la scelta di introdurre, all’interno del saggio in questione, una
figura come quella di François Poullain de la Barre. In una società piena di
uomini autori di testi misogini, di pregiudizi e di privazioni per le donne,
Poullain si erge come voce fuori dal coro e pone la questione femminile come
intrinsecamente legata all’interrogativo sulla natura umana.
Leggiamo, grazie a questo saggio, di un tempo che acquisisce una luce
completamente nuova. Tutta una serie di pregiudizi e costrutti che comunemente
accompagnano l’immaginario della modernità e l’ambiente culturale dell’epoca
vengono meno. Accompagnati dalla chiarezza e dall’attenzione delle due penne autrici
del testo, ci immergiamo nella vita di ogni filosofa, conosciamo il loro modo
di stare al mondo e veniamo introdotti al loro pensiero per poi incontrarle più
direttamente nella loro scrittura. Un libro perfettamente adatto come primo
testo per chi volesse scoprire il pensiero dal XV al XVII secolo in modo
inedito, ma anche come testo di arricchimento e/o di saltuaria consultazione
per chi ha già incontrato gli argomenti esposti.