G. Borrello, S. Tarantino (a cura di), Esercizi di composizione per Angela Putino, Liguori, Napoli 2010

G. Borrello, S. Tarantino (a cura di), Esercizi di composizione per Angela Putino, Liguori, Napoli 2010

Stefania Tarantino e Giovanna Borrello (a cura di)

Esercizi di composizione per Angela Putino. Filosofia, differenza sessuale e politica, Liguori, Napoli 2010, pp. 130
Esercizi di composizione per Angela Putino è un libro musicale nel senso profondo della parola. Il testo fa sua l’idea che l’armonia numerica alla base di una composizione musicale è tale proprio perché composta dalla differenza e dalla discordanza delle voci. L’armonia nasce da una dissonanza che è insieme contrasto e appartenenza, senza la quale non ci sarebbe varietà, movimento, creatività, vita. Alla ricerca di questa armonia la filosofa napoletana Angela Putino, scomparsa prematuramente nel 2006, dedica l’intera esistenza, consapevole che dalla differenza può nascere il seme di un nuovo che dice della continuità della storia e della vita. Quella di Angela è una differenza vissuta in prima persona, incarnata da azioni e parole spesso inattuali che rifuggono l’idea di un “potere” ufficiale, un pensiero unico a cui uniformarsi. Il libro, curato da Stefania Tarantino e Giovanna Borrello, ne traccia il ritratto di donna e di pensatrice attraverso una polifonia di voci amiche legate alla filosofa dalla comune passione per il pensiero della differenza sessuale. Chiara Zamboni, Wanda Tommasi, Rosetta Stella, Nadia Fusini, Tristana Dini, Nadia Nappo solo per citarne alcune. L’intervista ad Enzo Moscato e Tata Barbato ripercorre gli anni della giovinezza e gli esordi come pensatrice. Il ricordo di Angela si trasforma in linea guida nel riflessione sul significato profondo del pensiero della differenza sessuale oggi, nel suo intimo legame con la filosofia e la politica. Filosofia, differenza sessuale e politica sono per la Putino elementi tra loro indisgiungibili, traccia di un abitare il mondo che è insieme passione, azione, relazione. “La filosofia conserva e custodisce, attraverso un suo modo proprio di pensiero, un pensiero che accade altrove. Uno di questi ‘altrove’ è la politica”, commenta la pensatrice in uno dei suoi ultimi scritti inediti che il libro ha il merito di riproporre assieme ad altri. Non si tratta di una politica fatta di saperi oggettivabili, come “le richieste contanti all’interno dell’economia di mercato”, ma di una pratica che parte dall’idea che ci sia un “indimostrabile”, una verità che si fa avanti da sola in quanto esprime “un interesse non oggettivabile”. Questo “impersonale della politica” è una giustizia originaria che non si lascia etichettare sotto effimere parole di democrazia o parità, ma va dritto al cuore di una evidenza originaria. Quella cioè che “ogni donna pensa. Sì, ogni donna pensa, è capace di pensiero e, nel pronunciare ciò, direttamente si coglie che, dalla politica, si è iniziato. Da questo pensiero della politica sono derivate le questioni della sorellanza, e poi della disparità, poi gli studi di donne, poi i motivi teorici”. Il pensiero filosofico diventa così un pensare “sperimentante” in grado di riappropriarsi della sua radice vivente attraverso la pratica della relazione tra donne. Esso dice del bisogno di una politica autentica, di una giustizia in grado di dar conto dell’unicità del soggetto. La filosofia nasce da un rapporto diretto con l’altro/a, dal conflitto proficuo di una relazione in cui non c’è nessuna verità oggettiva che possa guidare il rapporto perché la verità è in gioco nella dialettica della relazione. Si tratta di una “filosofia presa su serio”, commenta Stefania Tarantino, che è, fin dal suo nascere, già politica. Nelle sue comunità politico-filosofiche femminili, come la redazione della rivista Madrigale e quella più recente di Ada Teoria Femminista, Angela sperimenta il senso di un sapere che la espone in prima persona perché la coinvolge come donna oltre che come pensatrice. Il senso della sua pratica non si esaurisce nei luoghi cosiddetti “istituzionali” ma la segue ovunque come uno stile che ne imprime l’esistenza. Non è un caso che nei racconti degli amici compaia spesso il riferimento alla sua piccola casa piena di gatti, lontana dal trambusto della città, in cui accoglieva e condivideva. Un’agorà in cui la filosofa si alimentava della vita alla ricerca di un pensiero della differenza femminile pronto a muoversi ai margini di un “simbolico” maschile, costantemente fuori dall’ordine ufficiale come uno scarto, un rimosso. È nei meandri di una conoscenza ai limiti che Angela sceglie di spingersi, consapevole che questo essere “al di fuori” da ogni logica precostituita rappresenti l’unica condizione per cogliere il senso di una verità sempre e comunque “altrove” dal sapere condiviso. Lo stare fuori dal simbolico è sì sventura di ogni singola donna ma anche possibilità di guardare oltre, di acquisire nuova consapevolezza. Il vuoto non va colmato ma accolto come soglia di un altrove. In questo senso esso è esperienza liberatoria. La sventura femminile diventa tale solo quando chi è esclusa finisce con l’aderire alle logiche di un potere che non le appartiene, abbracciando il punto di vista dei dominatori, la logica del carnefice. Lo sapeva bene la filosofa Simone Weil, di cui la pensatrice napoletana è stata fine ed originale studiosa ed il cui pensiero permea gran parte della sua produzione speculativa. La donna assume le sembianze del weiliano “supplicante muto” fuori dai giochi, nel luogo di un’abiezione accettata che non ha nessuna mira di omologazione al sapere maschile. Nel rischio di questo scarto è la possibilità di un salto, uno scatto verso il futuro.

Recensione di Antonella Fimiani