V incontro – Il materialismo storico – Relazione di Eleonora Forenza

premessa

Parto, come fa la stessa Simone de Beauvoir esplicitando il suo posizionamento in ambito esistenzialista («il punto di vista che adottiamo è quello della morale esistenzialista», p. 31), dal nominare il mio posizionamento, di donna che nella sua esperienza cerca di lavorare sul problema della soggettivazione con una pratica teorica materialista, in cui si connettono una matrice femminista e materialista. Dunque, un posizionamento non identico e non opposto a quello di Simone de Beauvoir.partiamo dal testo, dalla sua materialità.

I riferimenti e le citazioni testuali sono tratti da Il Secondo sesso, ed. it Il Saggiatore, Milano 2008, con prefazione di Julia Kristeva e postfazione  di Liliana Rampello. (Altri riferimenti sono tratti invece dalla prefazione di Renate Siebert alla edizione del 2002, che riproduce anche alcuni riferimenti al dibattito a ridosso del cinquantenario della prima pubblicazione del volume)

edizione: Il Secondo sesso è pubblicato in Francia nel 1949; in Italia, dopo lungo e significativo travaglio, è edito da Il saggiatore nel 1961.  Come nota anche Liliana Rampello, non è casuale e privo di significato che la pubblicazione in Italia avvenga nell’ambito dell’esperimento culturale di Alberto Mondadori, che agirà una funzione storica di apertura della cultura italiana.  Il Saggiatore, editore anche de L’Essere e il nulla, dà luogo in quegli anni a un vero e proprio intervento culturale da molti considerato «illuministico» proprio per la volontà di aprire a nuovi orizzonti culturali e disciplinari la cultura italiana dell’epoca, profondamente segnata dal cosiddetto “crociomarxismo” (cfr. Alberto Cadioli). Per fare solo un esempio, Giacomo Debenedetti, tra gli animatori della casa editrice, sarà colui che aprirà la critica letteraria alla suggestione della psicanalisi junghiana.

scrittura: credo che lo stile originalissimo con cui è scritto Il secondo sesso non sia deducibile dalla giustapposizione fra attività narrativa e attività filosofica dell’autrice. Secondo me qui è in gioco uno stile teorico differente che si concretizza in una pratica di scrittura. È, insomma, da chiamare in causa l’unità di estetico e cognitivo o ,in altre parole, la scrittura come divenire, in questo caso divenire donna (cfr. Rosi Braidotti, In metamorfosi, verso una teoria materialista del divenire).

Il punto di vista del materialismo storico: partiamo dall’analisi del testo di  Simone de Beauvoir (capitolo I, I fatti e i miti/destino/III):

Simone de Beauvoir sceglie di confrontarsi col punto di vista del materialismo storico principalmente attraverso l’analisi di un testo di Engels, L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato (prima edizione 1884, seconda ed. 1891).  Ci sono degli elementi di contesto (in primis, il peso della cultura marxista nella sinistra italiana e francese) che rendevano sostanzialmente impossibile porre la questione femminile senza confrontarsi col marxismo
Perché S. ritiene necessario confrontarsi con questo testo?  Una risposta – sia detto a titolo esemplificativo-  si può trovare indirettamente nella Introduzione di Evelyn Reed all’edizione italiana del 1973:
«L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato di Engels, pubblicato circa cento anni fa, sta godendo oggi di un ritorno di popolarità. Ciò è dovuto allo sviluppo del Movimento di Liberazione della Donna nei paesi di capitalismo avanzato. Organizzandosi e agendo per porre fine alla radicata discriminazione del sesso femminile, le donne oggi vogliono anche sapere come ha avuto origine la loro oppressione e se è sempre esistita. Ecco la ragione per cui molte femministe guardano con rinnovato interesse a questa opera classica di Engels, un libro che può non soltanto armare il movimento dal punto di vista teorico, ma infondergli la certezza che la liberazione si può ottenere» (Edizioni Savelli, p. 5).
Insomma, anche all’altezza degli anni Settanta, questo testo di Engels è collocato al centro dei rapporti tra marxismo e femminismo, e sicuramente letto come un testo chiave per comprendere l’impostazione “classica” del marxismo sull’ “emancipazione femminile”.

Due elementi da tenere presenti:
1) Tra  il testo di Engels e Il secondo sesso intercorre più o meno la stessa distanza storica che intercorre tra noi e il Secondo sesso.
2) Il confronto col testo di Engels è cosa diversa dal confronto con le interpretazioni, la cui sedimentazione ha molto spesso finito per occultare la lettera del testo stesso. Insomma parliamo di un testo “canonizzato”, in cui la differenza fra vulgata e testo è notevole. Ciò ovviamente non toglie nulla alla rilevanza storiche e filosofiche delle vulgate , in primis nel produrre senso comune.

SdB si confronta ed interpreta alcune tesi fondamentali dell’Origine della famiglia.
Parte da una premessa: «la dottrina del materialismo storico ha messo in luce verità importantissime. L’umanità non è una specie animale. È una realtà storica» (p 72).

Poi si sofferma sull’elemento che le fa problema: la connessione fra genesi della proprietà privata e origine della famiglia patriarcale, quella che Engels chiama (come si vedrà, chiamerebbe) «“la grande disfatta storica del genere femminile”» (p.73) . SdB sintetizza in questi termini la tesi engelsiana: con l’apparire della proprietà privata l’uomo diventa anche padrone della donna. Ciò si spiegherebbe con lo sconvolgimento sopravvenuto nella divisione del lavoro in seguito alla invenzione di nuovi strumenti, dunque essenzialmente in base a una evoluzione della tecnica. Nel momento in cui nuovi strumenti per il lavoro agricolo richiedono un lavoro più intensivo, l’uomo inizia a schiavizzare altri uomini. Se in una fase originaria (età della pietra), le forze femminili erano sufficienti al lavoro dei campi e il lavoro domestico aveva una valenza non solo riproduttiva, ora nella co-genesi di proprietà provata e famiglia patriarcale, la valenza del lavoro domestico diviene del tutto insignificante a fronte del lavoro produttivo maschile. Di qui la trasmissione del potere di padre in figlio e l’oppressione della donna: «appare la proprietà privata: padrone di schiavi e di terre, l’uomo diventa anche padrone della donna. È la “grande disfatta storica del sesso femminile”. Si spiega con lo sconvolgimento sopravvenuto nella divisione del lavoro in seguito all’invenzione di nuovi strumenti. (…) Allora il diritto paterno si sostituisce al diritto materno: la trasmissione del potere avviene di padre in figlio e non più dalla donna al suo clan. Appare così la famiglia patriarcale fondata sulla proprietà privata. In questa famiglia la donna è oppressa» (p. 73). E se l’oppressione sociale che subisce è conseguenza dell’oppressione economica, la liberazione della donna sarà necessariamente connessa col reingresso dell’ingresso femminile nell’industria pubblica.

Dopo aver sintetizzato le tesi engelsiane, Simone de Beauvoir passa alle obiezioni di fondo, alle spiegazioni non date da Engels e che a suo avviso era impossibile dare stante – questo è il punto – «il monismo economico di Engels» (p. 77) e del materialismo storico: «non è possibile approfondirle  senza superare il materialismo storico. Esso non può risolvere i problemi che abbiamo indicati, perché sono problemi che riguardano l’uomo (sic) nella sua interezza e non quella astrazione che è l’homo oeconomicus». (p.74).

E, in primo luogo,«non è chiaro come la proprietà privata avrebbe fatalmente provocato l’asservimento della donna» (p. 74). SdB affronta la questione istituendo un nesso tra rapporto di proprietà e il compimento della singolarità come «trascendenza e ambizione»: «l’esistente può cogliersi solo alienandosi. Cerca se stesso attraverso il mondo sotto una forma alienata che fa sua» . All’inizio nel totem clanico, poi quando l’individuo si separa dalla comunità, attraverso una incarnazione singola: «in questo ricchezze che sono sue l’uomo ritrova se stesso perché in esso si è perduto» (sovranità, rivalità economica, appropriazione). (p. 75)

Ma anche una volta spiegate le implicazioni del rapporto di proprietà, «è ugualmente impossibile dedurre dalla proprietà privata l’oppressione della donna. Qui si manifesta una volta di più l’insufficienza del punto di vista di Engels» (p. 75) poiché  «la divisione del lavoro secondo il sesso poteva essere una associazione amichevole» (p.75). L’asservimento è invece «una conseguenza dell’imperialismo insito nella coscienza umana, che cerca di realizzare nell’oggetto la propria sovranità. Se non ci fosse in essa la categoria originaria dell’Altro e un’originaria pretesa al predominio sull’Altro, la scoperta dello strumento di bronzo non avrebbe provocato l’oppressione della donna».  (pp.75-6).

Engels – sostiene SdB «ha cercato di ridurre l’opposizione dei sessi a un conflitto di classe», tesi insostenibile, in primo luogo perché non vi è un fondamento biologico nell’oppressione di classe. Ma soprattutto perché se «nel lavoro lo schiavo prende coscienza di sé contro il padrone» (minaccia/rivolta/tendenza a sparire come classe), «nessun desiderio di rivoluzione» possiede la donna, che «non vuole abolirsi come sesso: chiede soltanto che siano eliminate talune conseguenze della differenza sessuale» (p 76). Peraltro, non si può considerare la donna solo come una lavoratrice e l’abolizione della famiglia non equivale a liberazione della donna.

Altro nodo affrontato da SdB in relazione al punto di vista del materialismo storico è la questione della sessualità: l’erotismo come esperienze in cui la «generalità è sempre riafferrata da un’individualità e non si lascia riassorbire dal sociale («non si può disporre della spontaneità vivente come si dispone della materia inerte», p 77). SdB fa riferimento al patriarcalismo sovietico coevo, per cui «la donna è una riproduttrice, un oggetto erotico, un Altro attraverso cui l’uomo cerca se stesso» (p. 77) mentre «per un socialismo democratico in cui sarebbero abolite le classi ma non gli individui, la questione del destino individuale conserverebbe tutta la sua importanza,  le differenze tra i sessi conserverebbero tutta la loro importanza» (p.77).

Nell’avanzare una critica intrecciata al monismo sessuale (Freud) e a quello economico (Engels), Sdb  ribadisce che rivendicare i diritti dell’essere umano in generale non significa non avere occhi per il suo problema speciale. E aggiunge «per il marxista la sua sessualità non fa che esprimere in modo più o meno diretto la sua situazione economica. Ma è impossibile racchiudere una donna concreta nelle categorie “clitoridea” o “vaginale” o nelle categorie “borghese” o “proletaria”. «C’è al di sotto dei drammi individuali e della storia economica dell’umanità un’infrastruttura esistenziale che sola permette di comprendere nella sua unità questa forma singola, irripetibile che è una vita» (p.77). A mio avviso il concetto di infrastruttura esistenziale può essere importante in una ricerca sul nodo della soggettivazione ed é fuori dalle dicotomie struttura/sovrastruttura; conscio/inconscio.

Ne Il secondo sesso vi sono numerosi altri riferimenti al marxismo, al materialismo storico e all’esperienza sovietica che rendono  visibile una articolazione del giudizio di sdB rispetto al capitolo punto di vista del materialismo storico, in cui vi è una sostanziale riduzione  al monismo economicistico:
-in Russia la morale ante 1936 è effettivamente avanzata (cfr 149 sgg)
«le qualità morali della donna sono falsate a suo danno» (p. 137, cit. da Marx, Il capitale)
«pare che così la partita sia vinta. L’avvenire non potrà che condurre a un’assimilazione sempre più profonda della donna nella società una volta maschile» (p. 152)
Carattere assimilatorio delle ideologie socialiste nella società autenticamente democratica annunciata da Marx non c’è posto per l’Altro/ ma per molti scrittori comunisti continua a esistere donna/Altro  (p.163)
Critica a Bebel che accosta proletariato e classe: non c’è sviluppo storico che spiega la subordinazione della donna; essa è avvenuta
In particolare, sottrae Marx alla riduzione al monismo economicistico, affidando addirittura a una sua citazione la conclusione del saggio:
«“Il rapporto immediato, naturale, necessario dell’uomo all’uomo è il rapporto dell’uomo alla donna” ha detto Marx. “Dal carattere di questo rapporto risulta fino a che punto l’uomo stesso si è capito come essere generico, come uomo; il rapporto dell’uomo alla donna è il rapporto più naturale dell’essere umano all’essere umano. Vi si rivela perciò fino a che punto il comportamento naturale dell’uomo è diventato umano o fino a che punto l’essere umano è diventato il suo essere naturale, fino a che punto la sua natura umana è diventata la sua natura».
Non si può dire niente di meglio. E in seno al mondo dato che spetta all’uomo (sic) far trionfare il regno della libertà; per raggiungere questa suprema vittoria è tra l’altro necessario che uomini e donne, al di là delle loro differenziazioni naturali affermino, senza possibilità di equivoco la loro fraternità (sic)» (p.699).

Tralasciamo ogni considerazione sul linguaggio di SdB, che ovviamente va contestualizzato. È in ogni caso assai significativa la collocazione, a chiusura del saggio, della citazione marxiana.

Considerazioni sulla critica di SdB al materialismo storico

Occorre fare preliminarmente una premessa. Simone de Beauvoir lavora sostanzialmente per svelare il monismo economicista del materialismo storico in relazione alla libertà della donna. E credo di poter dire che vi siano elementi decisamente condivisibili nella sua lettura. Ella sceglie di farlo attraverso il confronto con un testo, L’origine della famiglia di Engels, di certo non secondario nel canone marx-engelsiano. (Tendenza engelsiana alla sistematizzazione). Va però a mio avviso detto che, come scrive Gramsci,  fronte militare/fronte ideologico sono due cose diverse e che sul fronte ideologico occorre superare i punti più alti della produzione altrui. Da questo punto di vista occorre dire che la scelta di altri testi non avrebbe probabilmente invalidato la tesi di Simone de Beauvoir, ma di sicuro avrebbe reso necessaria una maggiore articolazione dell’argomentazione. Così come va specificato che il confronto col materialismo storico non è il confronto col materialismo, coi materialismi e neanche coi marxismi tout court.

Vi sono due limiti principali a mio avviso nella interpretazione di Simone del materialismo storico.
Il primo riviene non solo, come si diceva dalla scelta di quel testo e dalla totale assenza di confronto col pensiero di donne che avevano elaborato un punto di vista critico all’interno del materialismo storico (da Kollontaj a Zetkin, ad esempio), ma anche dal confronto con gli elementi rivenienti più dalla canonizzazione del testo stesso che da un confronto serrato con il testo stesso.  Vi è, in ultima analisi, una riduzione di Engels al monismo economico.

Alcune notazioni su L’ origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato ( ed. 1884 e 1891)
Il testo, elaborato anche sulla base di appunti di Marx, nasce dal confronto con:
Morgan, La società antica, 1877 – fondatore dell’antropologia americana
Bachofen, Diritto materno 1861 – fondatore della storia della famiglia

Significativo è l’incipit del teso : «secondo la concezione materialista, il movente essenziale e decisivo al quale ubbidisce l’umanità consiste nella produzione riproduzione della vita immediata (…) le istituzioni sociali sotto le quali vivono gli uomini in un’epoca determinata e in un dato paese sono strettamente legate a queste due specie di produzioni, da un lato per il grado di sviluppo del lavoro, dall’altro quello della famiglia» (p.30, ed. it. savelli 1973). Dunque, a differenza di quanto prevalentemente avverrà nella versione canonizzata del materialismo storico, qui Engels attribuisce valenza pariteticamente strutturale  alle dinamiche produttive e riproduttive.

Inoltre, a mio avviso il testo di Engels riguardo la grande disfatta del genere femminile ha un significato diverso da quello che gli attribuisce SdB:  Lettura diversa da quella di Simone: «La caduta del diritto materno fu la grande disfatta storica del sesso femminile» (p.  85) Il nesso fra proprietà privata e famiglia patriarcale è costituito dalla successione patrilineare e dalla necessità di individuare la paternità certa (elemento che SdB non considera). «La famiglia monogamica» è «basata sul potere dell’uomo» e nasce «con lo scopo precipuo di procreare figli di incontestata paternità» per individuare una successione proprietaria (p. 90). Quella monogamica è la prima famiglia fondata non già su condizioni naturali, ma sociali cioè sul trionfo della proprietà individuale. (p. 94). Di seguito Engels fa riferimento a un manoscritto inedito del 1846 scritto da lui e da Marx «”La prima divisione del alloro quella che si compie tra l’uomo e la donna per la procreazione dei figli”. E oggi posso aggiungere: il primo antagonismo di classe che fa la sua apparizione nella storia coincide con lo sviluppo dell’antagonismo tra uomo e donna in regime monogamico, e la prima oppressione di classe con l’oppressione del sesso femminile da parte di quello maschile» (p. 94).

In secondo luogo, Engels considera l’emancipazione economica come precondizione (condizione necessaria, ma non sufficiente) per la liberazione della donna:  «La repubblica democratica non sopprime l’antagonismo tra le due classi: al contrario non fa che fornire la possibilità perché questo antagonismo si sviluppi. Nello stesso modo,il carattere particolare del predominio dell’uomo sulla donna, come la necessità e il modo di ricondurre su un piano di uguaglianza l’uno e l’altra non saranno messi in piena luce se non quando uomo e donna avranno legalmente diritti assolutamente uguali. Si vedrà allora che  l’affrancamnto della donna esige come prima condizione il ritorno dell’intero sesso femminile nell’industria pubblica, e che a sua volta questa condizione esige la soppressione della famiglia individuale come unità economica della società» (p. 104)
Anche se certo, come note SdB, Engels parla dell’uomo come colui che rappresenta «nel corpo della famiglia, il borghese; la donna vi rappresenta il proletario» (p. 104). E ancora «poi certamente preponderanza dell’uomo sparisce con fine preponderanza economica (p. 113); L’emancipazione è impossibile finche la donna è esclusa dal lavoro produttivo (p. 203).

Dunque, pur condividendo profondamente la critica al rischio di monismo economicista, è a mio avviso necessario tenere presente che lo stesso materialismo storico engelsiano (ipostatizzato da SdB)subisce una canonizzazione- semplificazione, che lo  stesso Engels avverte e a cui egli stesso risponde:

cfr  Lettera di Engels a Bloch del 21 settembre 1890 (pp. 163-6, in K. Marx, F. Engels, la concezione materialistia della storia; guida alla lettura a cura di Nicolao Merkel, Editori Riuniti, Roma 1986)

Non posso qui affrontare poi, ad esempio, le differenze tra la II e la III internazionale proprio sul ruolo della soggettività nella storia e il nodo della reazione antipositivista in ambito marxista.

Secondo limite: Non sputa su Hegel (v. la dialettica servo-padrone)
Il secondo limite è – a mio avviso l’aver posto l’accento sull’economicismo, senza leggerne la filiazione dalla dialettica servo padrone e in ciò che genera sul terreno materialistico un procedimento astrattivo
SdB critica giustamente con l’homo oeconomicus, ma non mette a critica (anzi pone il problema dell’inclusione) nella matrice hegeliana, nella dialettica servo-padrone: interpretazione dialettica – sintesi e superamento e la sua traduzione in una teoria materialistica della storia: è questo che espunge la singolarità e la differenza, la materialità incarnata dei corpi.
Cfr ad esempio introduzione «La necessità biologica – desiderio sessuale e desiderio di una prole – che sottomette il maschio alla femmina, non ha riscattato socialmente la donna. Anche il padrone e lo schiavo sono uniti da un bisogno economico reciproco che tuttavia non affranca lo schiavo. Perché nel rapporto tra padrone e schiavo, il padrone non pone  il bisogno che ha dell’altro» (p. 24)
Ciò che fa problema del materialismo storico in termini di libertà femminile (morale esistenzialista: questione posta in termini di libertà, più che di liberazione) non è la parola materialismo, ma che significa storico?  In altri termini, una filosofia della storia che presiede a una peculiare impostazione del rapporto tra necessità e libertà (potremmo parlare di una sorta di intenzionalità della coscienza storica); cfr Gramsci (ossia, sia detto in estrema sintesi e in maniera imprecisa,  a mio avviso un “usignolo della chiesa cattolica” dell’hegelo-marxismo, che imposta una teoria della soggettività articolatissima, ma in ultima analisi colloca sul terreno economico la radice del processo egemonico) quando parla di  libertà come coscienza della necessità.

A tal proposito, Renate Siebert legge Il secondo sesso come «un’originale sintesi tra esistenzialismo, marxismo e hegelismo. Dalla filosofia di Hegel Simone de Beauvoir deriva innanzitutto la dialettica servo-padrone, ovvero la dinamica relazionale del processo di riconoscimento»: «storicamente, tuttavia, da questa dialettica la donna è stata esclusa». Dunque, «per liberarsi le donne devono entrare nella dialettica servo-padrone, cioè partecipare al lavoro produttivo e lottare per il riconoscimento». Quindi la critica ad Engels consiste nel fatto che non nomina l’esclusione delle donne dal processo dialettico e penserebbe a una soluzione derivante dall’inserimento nel processo produttivo. E ancora «il concetto marxiano di lavoro, analogamente alla dialettica servo-padrone, le sono utili per spiegare come storicamente la donna è diventata l’Altro». (pp. VIII-X)

Per me sputiamo su Hegel resta il punto fermo: nel senso che è la dialettica che non contempla la differenza  in quanto pratica teorica astrattiva che espunge la singolarità-corporeità. Insomma occorre sputare su Hegel per  poter reimpostare una riflessione su un materialismo femminista; sulla libertà/liberazione; su una logica del riconoscimento diversa da quella servo-padrone (cfr quella diametralmente opposta di Arendt – Cavarero)

Alcuni sviluppi: Lonzi e Braidotti
Mi soffermo ora sulla lettura di alcuni passi di Carla Lonzi e Rosi Braidotti perché: sono autrici che amo;
che interloquiscono esplicitamente con Simone de Beauvoir; che affrontano dal loro punto di vista il materialismo storico(non lo chiamano così); che offrono una diversa ipotesi materialistica e aprono ad altre ipotesi su cui sto lavorando di cui oggi non avrò il tempo di parlarvi. Scelgo dunque di non passare in rassegna le teorie marxiste sulla questione femminile, ma di parlare di femministe come soggetto di enunciazione sul materialismo, di come, da una prospettive teoriche e pratiche femministe può essere ridefinito un ambito di  riflessione materialista.  Cfr. postfazione Liliana Rampello sulle prime ricezioni si SdB tra le giovani donne dei partiti e dell’udi (v. testimonianza di castellina). Importanza della emancipazione e crescita culturale delle donne e tensione sul terreno dell’emancipazione con l’impostazione togliattiana; v. testimonianza di cigarini: importanza della posizione del nodo della trascendenza del femminile – reciproca trascendenza.

Carla Lonzi, È già politica, pp. 32-39
Lonzi su Simone de Beauvoir: «caso eccezionale tra le donne di cultura», ma non vede la schiavitù connessa al suo privilegio e resta convinta di essere superiore a quelle rimaste nell’immanenza. «il femminismo non è un’idea, è una pratica e proprio la pratica del gruppo di autocoscienza, il contatto vero, mai avuto prima con donne non identificate nella cultura, che però sono alla ricerca di una loro cultura, svela l’inganno di un riconoscimento pagato al prezzo di costruirsi sull’unica immagine che l’uomo è in grado di riconoscere: quella creata da lui. Questo è il punto che Simone de Beauvoir non accetta e su cui costruisce teoria difensive: secondo lei la donna può scoprire solo quello che l’uomo ha scoperto, gli stessi valori. Simone de Beauvoir non riesce a cogliere modalità femminili sia perchè non ammette un’accezione femminile dell’esistenza, sia perché la trova comunque formulata e elevata nella mente onnivora di Sartre». Cfr. introduzione  Siebert , che riporta una intervista di SdB (p. XIII) : «non dovremmo rifiutare il mondo degli uomini perché in fondo è anche il nostro. Io credo che le donne liberate saranno creative esattamente come gli uomini. Ma non penso che le donne creeranno nuovi valori».

Nello stesso passo, Lonzi parla della dinamica del gruppo di autocoscienza e dei problemi connessi al riconoscimento tra donne. Difficoltà del racconto dell’esperienza «una volta vincolate a una concezione del mondo. Prendiamo le donne marxiste, per esempio, di cui l’ideologia e l’attività politica hanno fatto strage» (p. 37). E a tal proposito riporta una toccante Lettera di Rosa Luxemburg del 1905 a leo Jogices: «In particolare sono arrivata ad odiare tutta la “politica”, per colpa della quale (…) non rispondevo per intere settimane alle lettere di papà e mamma, non avevo mai tempo per loro a causa di questi compiti miranti a sconvolgere il mondo, (e questo perdura) e sono arrivata ad odiare anche te come colui che mi ha sempre inchiodato a questa maledetta politica (..) questa “dannata politica o piuttosto questa parodia cruenta della vita “politica” (..) una specie di stupido culto al dio Baal in cui si sacrifica l’esistenza umana sull’altare della propria deficienza intellettuale, della propria confusione mentale».

Manifesto di Rivolta femminile e Sputiamo su Hegel
La riflessione su SdB in è già politica è un testo importante anche per comprendere la genesi del Manifesto di Rivolta Femminile, il cui incipit è un dialogo neanche  troppo implicito con SdB.
«le donne stesse accettano di considerarsi “seconde” (Premessa, p. 7)
«La donna è l’altro rispetto all’uomo. L’uomo è l’altro rispetto alla donna. L’uguaglianza è un tentativo ideologico per asservire la donna a più alti livelli. Liberarsi per la donna non vuol dire accettare la stessa vita dell’uomo perché invivibile, ma esprimere il suo senso dell’esistenza»  (manifesto, p.11)

A differenza che in SdB, Lonzi mette al centro l’esperienza storica e la pratica femminista:
«Il femminismo è stato il primo momento politico di critica storica alla famiglia e alla società. Unifichiamo le situazioni e gli episodi dell’esperienza storica femminista» (p.14)

Lonzi non critica il monismo economico quanto la matrice hegeliana e la dialettica ed hegeliana servo/padrone, ponendo a tema l’esodo dalla dialettica dal servo-padrone (non l’inclusione in essa):
«Sputiamo su Hegel. La dialettica servo-padrone è una regolazione di conti fra collettivi di uomini: essa non prevede la liberazione della donna, il grande oppresso della civiltà patriarcale. La lotta di classe, come teoria rivoluzionaria sviluppata dalla dialettica servo-padrone, ugualmente esclude la donna. Noi rimettiamo in discussione il socialismo e la dittatura del proletariato» (p. 17)

In Sputiamo su hegel Lonzi fa riferimento  al marxismo-leninismo (non al materialismo storico)
«la differenza è un principio esistenziale che riguarda … del suo senso dell’esistenza in una situazione data e nella situazione che vuole darsi. Quella tra la donna e l’uomo è la differenza di base dell’umanità (questa è la posizione del differente che vuole operare un mutamento globale della civiltà che l’ha recluso» (p. 20).
Lonzi parla della non subordinabilità della causa della donna alla lotta di classe, criticando dunque anch’ella il marxismo- leninismo in termini sovrapponibili a quelli usati da SdB  in riferimento al materialismo storico «la donna è oppressa non a livello di classe ma a livello di sesso»(p.24), ma non disgiunge la critica al marxismo-leninismo da quella alla matrice hegeliana«il rapporto hegeliano servo-padrone è un rapporto interno al mondo umano maschile e ad esso si attaglia la dialettica nei termini esattamente dedotti dai presupposti della presa del potere» (p.23); «la donna non è in rapporto dialettico col mondo maschile. L’esigenze che essa viene chiarendo non implicano un’antitesi, ma muoversi su un altro piano. Questo è il punto su cui più difficilmente arriveremo ad essere capite» (p.  54)

Altre notazioni e riferimenti
Affronta e critica l’impostazione hegeliana su riconoscimento trascendenza/immanenza (pp. 24-25 e pp. 58-59);
vanificarsi nello schema dialettica-presa del potere nel conflitto tra i sessi (p. 27);
analisi critica del marxismo-leninismo/principi del comunismo/ esclusione della donna dall’elaborazione originaria del socialismo(pp. 30-40);
abolire la posizione della donna come semplice strumento di produzione
messa a valore della critica di Clara Zetkin a Lenin;
anche Lonzi connette nella critica psicanalisi e marxismo.

Braidotti, In metamorfosi. Verso una teoria materialista del divenire
Alcuni passi da analizzare e brevissimi cenni di riflessione
Braidotti attribuisce a SdB un ruolo fondativo del fondativo materialismo di genere:
«la tradizione del materialismo di genere risale a Simone de Beauvoir, che ebbe un ruolo importante nel liberare il materialismo dal duplice peso dell’opposizione all’idealismo e della dipendenza dalle teorie marxiste del materialismo storico»: (p. 42)
Braidotti, nell’impostare il confronto fra teorie poststrutturalistedella differenza e materialismo di genere,  sottolinea esplicitamente una matrice hegeliana del pensiero di SdB (cfr. «è la tanto discussa dialettica servo-padrone che sta al centro, tra le altre, della filosofia dell’amore di de Beauvoir», p. 128) nell’ambito di una messa a valore della portata storica e filosofica de Il secondo sesso:
«Le teorie poststruttraliste della differenza sessuale diventano più chiare se le si mette in risonanza con altri filoni di filosofia femminista. Nello spirito tardo hegeliano della teoria femminista della generazione che ci ha precedute, per Simone de Beauvoir, la Donna come antitesi del sistema porta con se un valore senza precedenti, che viene travisato nella cultura dominata dagli uomini. Decostruire la modalità dialettic adi rappresentare il genere attraverso la coppia binaria maschile/femminile equivale a criticare il falso universalismo del soggetto maschile: Nel poststrutturalismo, infatti, la posizione-di-soggetto viene fatta coincidere con coscienza, universalità, soggettività maschile e diritto» (p. 36)
A partire da questa considerazione, Braidotti traduce il processo singolare di soggettivazione femminista come un divenire altro dell’Altro:
«questa premessa teorica porta a una conclusione politica. Attraverso la strategia di riappropriazione mimetica del femminile da parte delle donne femministe, si avvia un processo che mira a dare rappresentazione all’altro dell’Altro”. È ciò che ho chiamato il “femminile virtuale” della differenza sessuale» (p. 36: ma cfr anche la lettura della critica di Irigaray a SdB, pp 110-1
Braidotti fornisce ovviamente una accezione di materialismo “femminista” profondamente diversa da quella di SdB, in particolare a partire dal nesso corpo- libertà/soggettivazione:
«il corpo, che per de beauvoir era la “situazione” principale dell’individuo, in realtà ora è visto come un sé situato, un posizionamento incarnato del sé. Questo ritrovato senso della complessità mira ancora una volta a stimolare una revisione  della soggettività contemporanea. In questa visione del corpo la sessualità è un processo e un elemento costitutivo» (p. 37).
Ed è proprio a partire dalla reimpostazione del nesso corpo sessuato/soggettivazione che Braidotti definisce un suo ambito di ricerca materialistica, che mette a critica (anche qui connettendoli) psicanalisi e marxismo:
«Nel femminismo poststrutturalista o della differenza sessuale, il materialismo si lega tanto all’incarnazione quanto alla differenza sessuale, e il legame è creato dalla volontà politica e dalla determinazione a trovare una rappresentazione migliore e più adeguata alla realtà corporea femminile, non come dato ma come virtualità, cioè come processo e progetto. Su questa linea di pensiero femminista, ci si sta impegnando con ogni forza a liberare la questione del soggetto incarnato dalla duplice stretta della psicanalisi lacaniana ortodossa e del marxismo – (le due principali burocrazie del secolo scorso (come, a ragione le chiama Deleuze) (pp. 36-7).
Parliamo, in altri termini, di una messa a tema della non coincidenza fra soggetto e coscienza, ossia di una impostazione della relazione fra libertà e liberazione molto diversa rispetto a SdB.

Eleonora Forenza
Eleonora Forenza

Eleonora Forenza (Bari, 1976) si è laureata in Lettere discutendo la tesi La differenza di genere nella cultura italiana: il problema del sapere letterario presso l’università di Bari. Nello stesso ateneo, ha conseguito il titolo di dottore di ri (...) Maggiori informazioni