Tiziana Villani, Corpi Mutanti. Tecnologie della selezione umana e del vivente. Manifestolibri, Roma 2018

Tiziana Villani, Corpi Mutanti. Tecnologie della selezione umana e del vivente. Manifestolibri, Roma 2018

di Marian Spaccaforno

Io sono il cane, la mia muta è dispersa, non ci sono tracce, altre mute si aggirano, non le conosco. Senza regole è difficile orientarsi, io le regole un po’ le ho subite, un po’ le ho imparate da solo, la mia discendenza è così, siamo stati addomesticati con regole e norme contraddittorie, questo è il motivo, tra gli altri, perché la mia muta a volte si disgrega.” A partire dal frammento appena citato, il saggio di Tiziana villani intende interrogare le modalità attraverso cui i corpi, i territori e le specie si danno in un divenire sospeso, tra il racconto del passato e le sollecitazioni derivanti dalle attuali trasformazioni tenco-politiche. Per ognuna delle sollecitazioni sollevate, l’autrice intende tracciare possibili linee di fuga, capaci di inventare e creare nuovi spazi di frattura che si aprano a orizzonti più liberi. Il punto di partenza è l’analisi di un particolare processo politico che investe una specifica costituzione geografica: “La trasformazione degli istinti”. L’istinto cede alle abitudini, al rito delle consuetudini, e le modalità attraverso cui si procede all’addomesticamento sono espressamente connesse a questo cedere, alla serie di atti che piegano i comportamenti ad un conformarsi, un doversi conformare alle diverse esigenze esistenti nelle pieghe sociali. All’interno di questo processo, però, gli organismi, i linguaggi e gli ambienti si metamorfizzano a vicenda e il piano di modificazione implica una co-evoluzione che apre a mutamenti/mutazioni difficili da catalogare. Le forze che prendono vita in queste mutazioni non sono mai univoche, sono piuttosto forze che attraversano il caos. Nello sviluppo apparentemente paralizzante e dato dei processi di addomesticamento si muove infatti la discontinuità, come accadere che si realizza nel mentre, nel divenire. La discontinuità permette le deviazioni, il cambiamento, il caos che è la dimensione propria del divenire permette di realizzare la discontinuità stessa evocando fratture e crepe. “L’addomesticamento, le ibridazioni, la sottomissione, la rivoluzione, la mutazione, il deperimento coesistono nel multiforme divenire, l’esercizio di individuazione consiste nel non accettare il predefinito, il già narrato, ma nella capacità di far irrompere nuove narrazioni, frutto sempre di molteplicità che si concatenano.” Per quanto l’addomesticamento con il suo incedere conservatore e cristallizzante sia capace di attuare procedure e tecniche di controllo, due modalità di resistenza si agitano al di sotto dell’identità, dell’appartenenza e della sicurezza. Fantasia e immaginazione sono alcune delle espressioni politicamente più rilevanti di questa agitazione. Fantasia e immaginazione implicano un processo di messa in discussione costante dei limiti assegnati. Queste due forze possono spingere a sviluppare soluzioni altre rispetto a dinamiche distruttive e implosive, ma hanno bisogno di trovare una linguaggio, “il linguaggio, o meglio una lingua capace di trasformare il senso, una lingua che non sia sporcata dalla parola”. Come è necessario destrutturare il linguaggio, al fine di aprirlo ad una realizzazione balbettante, si rende necessario anche un totale ripensamento della corporeità. Il corpo infatti “non è unitario, i corpi si costruiscono su altri corpi.” Il corpo primo è quello delle soddisfazioni, degli istinti e del gioco; il corpo secondo è invece “corpo politico, risultato di molte stratificazioni”. Bisogna in tal senso, disfare il corpo secondo, per disfare anche il corpo primo per pensare dalla distanza, dalla povertà, per far insorgere un altro presente. Torna, come elemento essenziale, il movimento immaginativo, movimento in cui gli ibridi esplorano nuove linee di fuga rispetto agli apparati di cattura. Analizzando alcune delle modalità di azione tipiche dell’addomesticamento si riconosce, rispetto ai corpi che proprio la logica duale, affermandosi, ha strutturato le identità di genere rendendole iscrizione corporee. Villani, riferendosi ai processi di domesticazione riferiti alla costruzione delle  identità di genere, afferma “Si tratta della creazione di una proiezione sociale che annienta singolarità e alterità in ragione di una motivazione dominante di controllo e di dominio”. E’ compito di un altro in posizione dominante, conformare e configurare. Quando non è possibile configurare si cancella, si marginalizza. Eppure è proprio da questa marginalità, da questi tentativi di cancellazione sistematica che “Le donne, i cyborg, il trans, l’animale, il queer, indicano interazioni con l’ambiente del tutto diverse da quelle proposte dal sistema capitalistico dominante, si tratta di una proliferazione di sensibilità, modi di esistenza e relazioni che reinventano il presente proprio da quei margini in cui erano state ricacciate.”  Contro l’umiliazione attuata dalle forze di addomesticamento, contro le forze antagoniste all’immaginazione è necessario di una filosofia che venga dai margini, di una filosofia-donna che attraversi molti bordi dell’esistere e che non desideri espugnare un centro, rifondere categorie, ripensare gerarchie. Una filosofia dell’immaginazione e dell’anima, una filosofia dei corpi che non vogliono essere scritti perché hanno imparato a riconoscere le molte parole che li hanno definiti e fagocitati.

Redazione

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